In tema di azioni giudiziarie legate alla lesione del diritto di veduta a seguito di nuova costruzione da parte di uno dei condòmini, deve ritenersi che la legittimazione a fare accertare l’illegittimità delle opere spetti ai diretti interessati.
Nei consegue che in assenza di finestre condominiali che possano consentire l’affermazione di una lesione del comune diritto di veduta, tale azione debba essere intrapresa dai singoli condòmini e non dall’amministratore, ai sensi dell’art. 1130-1131 c.c. e nemmeno a seguito di apposita delibera assembleare.
Questa, in breve sintesi, la decisione della Suprema Corte di Cassazione resa con la sentenza n. 1549 depositata in cancelleria il 27 gennaio 2016.
In breve i fatti: un condomino appone un pergolato lo aggancia ad un muro condominiale: gli altri condòmini, per mezzo dell’amministratore ed a seguito di apposita assemblea, decidono di fargli causa.
Dopo che il primo grado li vedeva soccombenti, nel giudizio di appello le cose cambiavano: il pergolato andava rimosso perché lesivo delle norme dettate in materia di distanze nelle costruzioni e di diritto di veduta.
Da qui il ricorso di Cassazione del condomino originario convenuto: il pergolato non poteva essere considerato equiparabile ad una costruzione e comunque la lesione del diritto di veduta non poteva essere fatta valere in giudizio dall’amministratore, dovendo essere contestata direttamente dei condòmini interessati.
Il ricorso, come si suole dire, è stato accolto solo parzialmente. Quanto al concetto di costruzione – valevole ai fini del rispetto della normativa sulle distanze indicata dall’art. 873 c.c. e dai regolamenti edilizi locali – la Corte di Cassazione non ha avuto dubbi nell’affermare che i pergolati oggetto della contesa “in quanto realizzazioni stabilmente ancorate al suolo, non potevano che essere inquadrate nel novero concettuale di costruzione e, quindi, come tale lesiva dei diritti azionati in giudizio” (Cass. 27 gennaio 2016 n. 1549).
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Per quanto riguarda l’azione a tutela del diritto di veduta, l’esito del ricorso è stato favorevole al condomino. L’amministratore, dato lo specifico stato dei luoghi, non avere legittimazione ad agire per quella ragione.
Si legge in sentenza che “la legittimazione ad agire per la specifica tutela dei diritti di veduta non può che appartenere ai singoli condomini. In assenza di ogni altra allegazione quanto alla possibilità di coesistenza di vedute di singoli condomini e di vedute quali, ad esempio, quelle delle finestre delle scale del condominio, il diritto di veduta a favore delle singole unità abitative è proprio del titolare della proprietà di ciascun singola appartamento e, pertanto, non del Condominio, ma del singolo condomino-proprietario”.
Il ragionamento dev’essere considerato condivisibile. In effetti in assenza di vedute condominiali i condòmini che, ad esempio, non hanno affaccio diretto sul punto oggetto di contestazione o che magari abitano ad un piano alto e rispetto ai quali non può affermarsi alcuna violazione, che diritto possono far valere in giudizio per il tramite dell’amministratore?
Fonte www.condominioweb.com